Trascrizione intervista Mauro Canali
Il grande fratello fascista, le spie del regime
Introduzione
Taci, il fascismo ti ascolta parafrasando, poi il detto “Taci il nemico ti ascolta” usato dallo stesso fascismo durante il periodo bellico, gli anni precedenti alla guerra, videro l’istituzione dell’Ovra, la polizia politica segreta del fascismo. Utilizzato per reprimere il dissenso e con poteri superiori alle forze dell’ordine ufficiali. L’opera volontaria di repressione antifascismo che potremmo etichettare come la gestapo italiana, nacque in ufficialmente nel 1927. Sei anni prima di quella nazista con una rete che contava migliaia di collaboratori, di occhi e orecchie per il duce, la polizia politica fascista comandata da Arturo Bocchini, aiutò il regime a stroncare i partiti avversari, mandare davanti al Tribunale speciale e incarcerare migliaia di persone. Del Grande Fratello fascista, ne abbiamo parlato con Mauro Canali, uno dei massimi studiosi dell’argomento
Di quante persone contava la rete dell’Ovra?
RISPOSTA MAURO CANALI
Allora facciamo una distinzione, gli agenti dell’Ovra che alla fine del ventennio sono stati utilizzati, sono sicuramente superiore al migliaio. Naturalmente a rotazione perché succedeva che qualcuno per esempio non si mostrava l’altezza, era eccessivamente chiacchierone, non sapeva nascondere il suo ruolo, si vantava e via dicendo e l’ispettore se lo levava subito dai piedi. Il lavoro di spia era logorante, non conosceva orari, aveva operazioni notturne, pedinamenti eccetera. E le spie era spesso i traditori che decidevano di collaborare e facevano riferimento a funzionari della Pubblica Sicurezza che operavano nell’Ovra. Gli agenti e funzionari quindi alla fine possiamo dire che si avvicinano al migliaio e mezzo. Le spie Ovra, proprio Ovra, ne ho contate un migliaio. Spie che noi chiamiamo Ovra ma non sono Ovra, i cosiddetti fiduciari diretti, alla fine ne ho contate qualcosa come 5mila complessivamente. Poi mettiamoci dentro pure che ogni questura aveva un ufficio politico. E l’ufficio politico aveva i suoi informatori. Se li mettiamo tutti insieme arriviamo a cifre iperboliche, arriviamo dai 10 ai 15mila spioni. Cioè era un reticolo da cui sfuggiva poco al regime
DOMANDA BERTOLUCCI: Cosa si doveva fare per essere attenzionati dall’Ovra
RISPOSTA CANALI:
Su questo c’era una fantasia incredibile. Bocchini si mostra molto intelligente. È un abile avversario degli antifascisti. Lui sa distinguere tra l’avversario vero e il chiacchierone. Loro li chiamavano vociferatori o mormoratori quelli che volevano fare dell’antifascismo a chiacchiere facendo la battuta. Allora per essere attenzionato, la prima cosa erano le spie che ti segnalavano. Tutti i fascicoli che stanno all’archivio centrale degli attenzionati dall’Ovra, sono i cosiddetti fascicoli verdi. Ogni fascicolo è costituito da relazioni delle spie Ovra. Cioè o di persona che è lì schedata e veniva controllata dalle spie. Le buste coi fascicoli Verdi sono 1500, ma ogni busta contiene spesso anche 30-40 fascicoli. Anche 50 certe volte. Quindi facendo un calcolo si arriva quasi a 80-90-100 mila i fascicoli degli attenzionati. Spesso si tratta di un foglio o due, ma anche di fascicoli nutriti. Quando l’attenzionato veniva individuato come elemento effettivamente pericoloso, si controllava moltissimo. Molti di loro addirittura vivevano all’estero e le spiate venivano da spie che operavano all’estero. Finti antifascisti, spesso traditori, cioè spesso antifascisti, anche importanti, che avevano tradito e che erano passati a servire il regime. Quella rete ad esempio passava tutta attraverso i consolati e le ambasciate dove c’era all’interno un funzionario di pubblica sicurezza, non noto allo stato che ospitava, che era un vero e proprio capogruppo di spie. Cioè manovrava le spie in Francia in Belgio, in Spagna, in Nord Africa, nei paesi dell’Est era un po’ più difficile, soprattutto in Russia. Anzi quasi impossibile, anche se pure lì il console si dava da fare. Per essere degno di attenzione, spesso anche una segnalazione. Io sto parlando con un tizio questo se ne esce con alcune battute, la spia riferisce subito. Allora lì dipendeva dal poliziotto che gestiva la spia. Se il poliziotto aveva in mano altri elementi per capire che ‘sto tizio non era la prima volta, poteva suggerire alla spia di non perderlo di vista. Di stargli alle costole. Alcune volte si trattava di vecchi antifascisti dormienti che visto come erano andate le cose avevano preferito non fare più attività politica ma di cui la polizia si fidava poco, nel senso che comunque li controllava. Perché non poteva sapere se a un certo momento avesse potuto riprendere l’attività. Quindi c’è un mondo di ex antifascisti o sovversivi che viene controllato. Se non sono persone che viaggiano ma sono persone fisse che rimangono che so, a Palermo a Catania a Matera, spesso l’incarico di controllarlo lo danno alla questura locale e all’ufficio politico della Questura. Ma non sempre è così spesso sono pure intellettuali che viaggiano, che si muovono. E allora lì c’è tutto un giro di rete di spie che lo controlla, che controlla la persona. Quindi per essere attenzionati non c’è come dire una casistica da rispettare. C’è la sensibilità della spia, che riceveva anche indicazioni dalla polizia. Tant’è che molto spesso per esempio la polizia doveva stare molto attenta che non si trattasse di vendette personali, perché spesso si consumavano vendette personali. Uno che stava antipatico… oppure che ne so, andavi con la moglie e volevi inguaiare il marito: cominciavi a dire il marito faceva discorsi strani. Ecco la polizia era molto abile in questo. Una polizia molto molto astuta. Si mostra molto molto esperta la polizia fascista su questo e ci sono spesso reprimende alle spie. Sulle relazioni che questi presentano spesso ci sono i commenti: “buffone, cialtrone, ma che stai dicendo”. O addirittura di licenziarlo quando capiscono che questo racconta favole. O commenti anche gustosi. C’è una spia che è dichiaratamente gay, come si poteva essere dichiaratamente gay a quei tempi, e c’è uno che sorvegliano che sospettano che sia gay. Allora spostano questa spia gay e lo ordinano di prendere contatti e di riferire. E questo Terracini lo fa. E ci sono anche delle relazioni scritte. A un certo momento la battutaccia del poliziotto in una relazione, dice “Ma sì, tanto anche lui”, riferendosi alla spia “è un esperto di puntini puntini posti bassi”. Quindi un riferimento proprio triviale, come dire che stanno attenti e sanno pure mirare e come utilizzare le spie sulla base di quello che ritengono utile fare. C’è quindi una articolazione. Durante la guerra civile spagnola diverse, diciamo spie, vengono dalle file rivoluzionarie. C’è un momento che la colonna di Carlo Rosselli è diretta da una nota spia: Enrico Brichetti. Che riferisce a Roma. Quindi c’è la sensibilità del funzionario. Quando capiscono che c’è ciccia, c’è materia, allora spingono la spia a continuare a riferire. Verso la fine noi possiamo fare un conto che addirittura, parliamo dei fiduciari diretti, non dell’Ovra che opera solo sul territorio italiano, questi fiduciari diretti che comunque sempre spie sono. C’è un capogruppo, cioè, poi queste spie si come dire si dotano di una serie di collaboratori di fiducia che collaborano con loro. Paga sempre Roma, naturalmente c’è sempre l’avvallo di Roma. Quando la spia dice “questo sarebbe disposto a collaborare, l’ho convinto” loro vogliono sapere tutto e poi danno l’okay quando si sono informati e capiscono che è matura la cosa. Spesso ci sono questi cosiddetti subfiduciari che non riferiscono a Roma, ma riferiscono alla spia che è considerato un capogruppo. Ci sono delle spie che hanno una rete estesa di sotto fiduciari. Per esempio Soncelli che controlla il territorio svizzero. Alla fine ha sotto di sé qualcosa come 60-70 spie che operano sul territorio svizzero. Laddove l’emigrazione italiana è forte, è necessario controllare il mondo dell’antifascismo esule. In Spagna, c’è questo Santorre Vezzari, il 235, che non solo ha un gruppo esteso di spie di italiani che stanno in Spagna ma corrompe addirittura poliziotti spagnoli. Questo avviene pure in Francia in Belgio. Ci sono poliziotti francesi e belgi che collaborano con l’Ovra. Corrompono quei poliziotti che per ufficio debbono trattare con l’emigrazione. Perché spesso l’esule scappando cambia nome. Si presenta con uno pseudonimo. Quando la polizia non riesce a capire con chi ha a che fare, non riesce a identificarlo, qualche volta attiva il poliziotto francese o il poliziotto spagnolo che lo arresta, lo ferma, e quindi lo identifica nella reale identità e la trasmette a Roma. Quindi c’è anche la collaborazione, della polizia che ospita queste reti di fiduciari. L’estero è importante perché loro temono sempre l’attentato, cioè loro temono sempre che dall’estero parta qualcuno a tentare il colpaccio, come era stato per Schirru ed altri. E poi è importante l’estero anche perché gli emissari dei partiti che vengono in Italia a operare clandestinamente, vengono sempre dall’estero. Quindi all’estero vengono controllate alla fonte tutte le missioni che le direzioni dei partiti, ormai in esilio, organizzano per mandare emissari e mantenere una rete di contatti in Italia. I comunisti fanno sei tentativi tra il 1928 e il 1934, e vengono arrestati sei volte. Proprio per le spiate. Alla fine c’è una c’è una relazione di Togliatti che si rende conto e sembra quasi che la partita sia persa. Dal 1934 al 1936-37 l’Ovra non teme più. Ricomincia a temere con quello che succede all’estero, cioè con la vittoria dei fronti popolari in Francia e soprattutto la guerra civile spagnola. Ma per due-tre anni loro sanno di aver vinto la partita con l’antifascismo all’estero.
DOMANDA BERTOLUCCI: Ma in generale si sa quante persone sono finite nella rete, inteso che sono state poi arrestate e giudicate
RISPOSTA CANALI: Beh c’è il tribunale speciale. Tutti i fascicoli del tribunale speciale stanno all’archivio toccherebbe fare un conto è una cosa enorme
DOMANDA BERTOLICCI: Ma si parla comunque di migliaia di persone
RISPOSTA CANALI: Di più. Ci sono secoli di galera che si sono fatti. Sono reti anche estese. Io stavo vedendo una retata del 1936 a Empoli, tra Prato e Empoli e Firenze arrestano 97 militanti comunisti. La guerra civile spagnola rimette in movimento anche il Pci. Un po’ perché diversi giovani italiani scappano dall’Italia, passano di nascosto il confine e vanno a combattere in Spagna. E loro hanno bisogno di identificarli. Perché come sono passati clandestinamente poi sanno che possono rientrare clandestinamente. Quindi vogliono sapere e si attivano. Non a caso la rete Ovra della zona della Sardegna viene attivata attorno al 1936-1937. Perché la Sardegna diventa un buon passaggio per poi andare in Spagna. Gli antifascisti si imbarcano clandestinamente e attraverso la Sardegna vanno in Spagna passando dalla Corsica. Quindi attivano questa rete Ovra nella Sardegna e sono migliaia e migliaia quelli che passano davanti ai Tribunali speciali. Il tribunale speciale una parvenza di legalità doveva avercela. Perché in fondo il regime diceva “Io ho fatto delle leggi”, allora volente o nolente sono leggi dello stato. Lo stato è fascista e le leggi le abbiamo fatte. Se tu vai contro le leggi vai in galera. E quindi il tribunale speciale per conservare questa parvenza di legalità faceva un processo. Naturalmente un processo sui generis. E qualche volta durante il processo era necessario anche rivelare l’identità delle spie. Perché qualche magistrato, che era fascistizzato, ipocritamente voleva conservare una parvenza di legalità. Quando la polizia si rende conto che c’è qualche magistrato che spinge il processo fino al punto di volere le dichiarazioni delle spie che hanno dato il là all’operazione, allora si prende più decisamente la strada del confino. Perché il confino era un atto amministrativo, non era necessario il processo. Anzi non c’era il processo. Il confino si dava soprattutto come sanzione amministrativa, senza reato. Tu andavi 5 anni al confino semplicemente perché lo stato ti riteneva un elemento pericoloso. Finivi cinque anni che so, a Longobucco o a Canicattì. E te ne andavi, ti allontanavano dalla famiglia coercitivamente e andavi a fare il confinato. Tenevi quindi una persona lontana cinque anni e controllata come in galera. Perché lì c’erano poi la milizia, c’era la polizia, non è che il confinato se ne andava in giro, poteva allontanarsi. Era controllato. Quindi la polizia pur di non rivelare la sua rete di informazione in un processo, preferiva mandare al confino. Prendeva il sospettato e lo metteva davanti alla commissione provinciale per il confino, che era costituita da prefetto, un prete, il comandante della Legione dei Carabinieri e il segretario del Fascio. Un gruppo di notabili che decidevano: “tu sei considerato da noi pericoloso per lo stato e quindi te ne vai 5 anni laggiù senza bisogno di processo né di prove”. Si poteva fare ricorso ma in genere veniva respinto. La polizia comincia ad adoperare lo strumento del confinocon più continuità verso la metà degli anni 30 al posto del tribunale speciale in cui era bisogno comunque del procedimento giudiziario, le prove e tutto quanto. Chiamavano il poliziotto che doveva fare la relazione eccetera. Il tribunale speciale però continua eh. Soprattutto con la guerra il tribunale speciale lavora tantissimo. Ad esempio con i confini Nord orientali, con la Slovenia e tutta quella parte lì. Lì ci stanno anche le fucilazioni. Quindi il tribunale speciale ha una attività enorme contro gli antifascisti. È una macchina terribile. L’Ovra lavora anche in galera e lavora anche al confino. Loro riescono anche a infiltrare come detenuti anche spie che ancora apparentemente sono degli antifascisti. In realtà collaborano con l’Ovra, li mettono dentro le celle perché sanno che, soprattutto i comunisti, in galera mantengono una rete clandestina di contatti. E questo la polizia lo vuole sapere. Quindi quando qualcuno decide di collaborare e lo prendono nelle retate, gli danno comunque la condanna e lo mandano in galera. Ma quello va in galera già collaborando. Poi fanno vedere che con una amnistia, un’occasione particolare, gli tolgono gli anni. Al confino accade la stessa cosa. Ci sono spie Ovra che mandano al confino. Perché al confino hanno paura delle evasioni. Soprattutto dopo quella famosa del 1929 di Rosselli, per cui spesso spie dell’Ovra apparentemente antifascisti vanno al confino e stanno in mezzo ai confinati, raccolgono e poi mandano informazioni. È una macchina infernale per certi aspetti.