Trascrizione intervista Roberta Mira
Tante braccia per il Terzo Reich. I lavoratori forzati italiani per Hitler
Tante braccia per il Reich. Se i nazisti appena arrivati al potere creano i campi di concentramento per reprimere gli oppositori, con l’arrivo della Seconda Guerra Mondiale, assumono un’altra forma per il Terzo Reich. I cittadini tedeschi sono chiamati alle armi per invadere l’Europa. La forza lavoro quindi inizia a mancare e in Germania qualcuno dovrà sostituirli. Nascono, quindi più tipologie di campi dove finiranno tantissimi cittadini europei. E quanti sono gli europei che manderanno avanti la macchina nazista e quanti sono stati i lavoratori coatti, ovvero le persone obbligate a lavorare per il Reich? E che peso ha avuto il fascismo nello spedire migliaia di italiani nei campi? Ne abbiamo parlato con Roberta Mira docente dell’Università di Bologna e autrice di numerose ricerche sul tema.
Come cambia il sistema dei campi di concentramento con l’arrivo della Seconda Guerra Mondiale?
RISPOSTA MIRA: la Seconda Guerra Mondiale dà l’occasione di ampliare questo sistema. Di ampliarlo ai paesi conquistati dalla Germania hitleriana, e il fenomeno dei campi di concentramento con la guerra si associa al fenomeno della deportazione. Durante la guerra cresce, infatti la rete dei campi all’interno dei confini del Reich e nei paesi occupati, sono aperti i campi di sterminio sul territorio della Polonia occupata, per l’uccisione in massa degli ebrei dei Sinti e dei rom, aumenta in misure esponenziale la popolazione reclusa nei lager e con questo aumento peggiorano, ovviamente le condizioni all’interno dei campi e salgono molto i tassi di mortalità. La guerra segna anche un altro passaggio. Alle motivazioni politiche e razziali per la deportazione, si aggiungono nuove forme nuove motivazioni e nuove forme di deportazione e detenzione. E ai campi di concentramento del sistema SS si affiancano altri campi. Quelli per i militari degli eserciti nemici catturati e detenuti come prigionieri di guerra e anche quelli per i lavoratori civili che vengono inseriti nell’economia di guerra tedesca. Questo punto è importante. Durante il conflitto lo sforzo militare della Germania va sostenuto con una maggiore produzione. Specialmente dell’Industria militare che fabbrica armi munizioni mezzi come aerei e carri armati e questa industria necessita di una più numerosa forza lavoro. La Germania, però deve mandare gli uomini al fronte e quindi deve sostituirli nei luoghi di lavoro con altri lavoratori. In questa situazione il continente europeo, conquistato o posto di paesi anche alleati della Germania durante la guerra, diventa per i nazisti una grande riserva di manodopera. E anche se inizialmente i civili stranieri da impiegare in Germania, come forza lavoro vanno reclutati su basi volontarie, ben presto i tedeschi davanti al fatto che non ottengono i numeri che che sperano di ottenere, introducono misure di coercizione e creano un meccanismo di reclutamento e trasferimento forzato in Germania di manodopera. E i lavoratori stranieri sono impiegati in diversi settori dell’economia in agricoltura e soprattutto nell’industria bellica e per loro vengono realizzati campi appositi che sono i cosiddetti campi per lavoratori. Nello stesso tempo i nazisti decidono di sfruttare come forza lavoro anche i militari prigionieri di guerra e in questo contravvengono alle norme sul diritto internazionale che non prevedono che i prigionieri di guerra siano sfruttati nel lavoro dalla potenza detentrice e decidono di sfruttare anche i detenuti nei campi di concentramento delle SS per prigionieri politici e razziali. L’Impiego di manodopera straniera nell’economia di guerra del terzo Reich diviene un elemento portante del potere nazista sull’Europa. Gli studi ipotizzano che i lavoratori stranieri nel Reich tra militari prigionieri di guerra, internati nei campi di concentramento della SS e i lavoratori civili, siano stati fra i nove e i tredici milioni. Nella struttura dello Stato nazionale socialista che è un sistema complesso policratico con più centri di potere che confliggono e a volte convergono sugli stessi obiettivi, si moltiplicano non soltanto le strutture di detenzione, ma anche le strutture competenti sulle diverse reti di lager e di internati. Quindi oltre alla SS entrano in gioco le forze armate, i ministeri della produzione bellica e del lavoro, il plenipotenziario generale della manodopera che è creato appositamente nel 42 proprio per centralizzare il prelievo di forza lavoro nei diversi territori europei. E anche le loro ramificazioni nei paesi alleati e occupati dalla Germania. In questo quadro complesso la deportazione e il campo di concentramento nelle loro varie forme assolvono a più funzioni. Da una parte hanno un fine di repressione, sono al servizio di radiologia nazista che vuole creare una società pura razzialmente è fedele al fuhrer e al reich e dall’altra hanno una finalità pratica di sfruttamento dei deportati e dei reclusi nei lager allo scopo di sostenere l’economia di guerra della Germania. E non dobbiamo dimenticare che la guerra stessa è un elemento centrale dell’ideologia nazista.
DOMANDA BERTOLUCCI: E il caso italiano?
RISPOSTA MIRA: Il caso italiano è un caso complesso. Durante l’occupazione nazista dell’Italia tra settembre del 43 e la fine della Seconda Guerra Mondiale, si gioca sul territorio italiano una situazione intricata perché abbiamo l’Italia che passa dalla condizione di principale alleato della Germania nazista, l’Italia fascista che passa da questa condizione di principale alleato della Germania hitleriana alla condizione che è stata definita dagli studiosi, di alleato occupato. La Germania mantiene in vita attraverso la struttura e gli uomini della Repubblica Sociale Italiana, Mussolini in primis, l’alleanza con l’Italia fascista e della RSI ma è la Germania a dettare le regole, a dare le carte del gioco e a controllare interamente la situazione italiana a proprio vantaggio. Compresa la repressione dei fenomeni di opposizione, compresa la deportazione degli ebrei e nel quadro della cosiddetta soluzione finale del problema ebraico in Europa in cui a questo punto rientrano anche gli ebrei che si trovano sul territorio italiano, e anche per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse. E poi abbiamo anche nei giorni successivi all’armistizio, la cattura di una parte cospicua degli uomini italiani alle armi nell’esercito italiano, che vengono anch’essi avviati verso i campi di prigionia del terzo Reich. Quindi abbiamo una situazione in cui abbiamo tutti i tipi, diciamo, di deportazione dall’Italia e in questo periodo, dal settembre del 43 alla fine della seconda guerra mondiale, sono trasferiti in Germania in queste diverse forme di campi di prigionia e di deportazione, circa 800 mila italiani. E naturalmente tra questi ci sono come dicevo gli ebrei e i deportati politici, i primi come obiettivo della Shoah e come vittime designate dell’ideologia nazista, i secondi che sono oppositori politici, partigiani, antifascisti come nemici da reprimere nel contesto delle misure di occupazione di polizia, controllo del territorio e appunto azione antipartigiana e della forza occupante tedesca in Italia. Non va però dimenticato che la RSI ha un ruolo in queste deportazioni, un ruolo importante, soprattutto per quanto riguarda gli ebrei e i politici, che vedono una attiva partecipazione delle forze delle strutture, degli uomini della Repubblica Sociale fascista. Quindi questa questo ruolo di alleato occupato non è un ruolo esclusivamente di sottomissione alla Germania, ma nel caso delle deportazioni e soprattutto degli ebrei, dei politici, vediamo un ruolo attivo dei fascisti. Dall’Italia vengono arrestati per essere deportati, vengo ai singoli gruppi. Quindi per quanto riguarda gli ebrei dall’Italia vengono arrestati per essere deportati più di 9000 cittadini considerati di razza ebraica, lo metto tra virgolette perché sappiamo che le razze non esistono, e si tratta di italiani e stranieri che si trovano in territorio italiano e nelle isole del Dodecaneso che sono a quel tempo controllate dall’Italia. Quindi non si tratta solo di ebrei italiani, ma anche di ebrei stranieri che si trovano nel nostro territorio per diverse ragioni: o perché erano venuti in Italia per cercare di salvarsi dalle persecuzioni dell’Europa centrale, della Germania e dell’Austria negli anni trenta ancora, o perché sono persone che sono state internate come cittadini stranieri, sono stati internati dal fascismo o inviati in luoghi di confino e in campi di reclusione. E quindi si trovano sul territorio italiano. Gli altri sono gli ebrei italiani. E come previsto dei piani di sterminio di queste oltre a 9000 persone, abbiamo tra queste oltre 9000 persone, abbiamo donne e uomini adulti, ma abbiamo anche molti anziani e molti bambini anche estremamente piccoli, anche neonati. Perché l’idea era quella di sterminare interamente il popolo ebraico. Più di 8.600 persone sono effettivamente trasportate nei lager della SS prevalentemente ad Auschwitz Birkenau, quindi nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. E pochissime sono quelle che sopravvivono. E poi abbiamo alcune centinaia di persone che muoiono in Italia prima della deportazione e altre 400 persone che sono arrestate, ma non deportate. E per quanto riguarda i politici, invece si tratta di 20-30 mila persone, in prevalenza sono uomini e sono antifascisti e partigiani. Sono arrestati nel quadro delle operazioni di repressione della Resistenza e dei fenomeni di opposizione alla RSI e agli occupanti tedeschi, tra cui ad esempio gli scioperi del marzo del 44. Le destinazioni, sono in maggioranza i lager di Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Flossenburg e per le donne Ravensbruck. Quindi i campi del sistema SS, nei lager per oppositori politici. E anche nel loro caso il tasso di sopravvivenza è relativamente basso. Più alto di quello degli ebrei che sono deportati per essere uccisi ma le condizioni di vita all’interno dei campi, in particolare campi come Mauthausen, e i suoi sottocampi, Gusen ed Ebensee, sono estreme il lavoro forzato è durissimo e anche qui abbiamo dei tassi di mortalità molto elevata. In Italia prima della deportazione le persone arrestate vengono concentrate temporaneamente in attesa che la macchina nazista appronti i trasporti verso i lager. E in questa fase assumono un ruolo di grande rilievo le carceri italiane. In particolare quelle di Roma di Firenze, di Milano, di Torino e di Genova, ma anche carceri minori nel caso degli ebrei per esempio che cercano di fuggire attraverso il confine svizzero dalla deportazione molti vengono invece catturati al confine e vengono reclusi temporaneamente in carceri, per esempio come Bergamo. Quindi questi luoghi, le carceri italiane, specialmente le sezioni controllate direttamente dai tedeschi, il cosiddetto braccio tedesco, sono i luoghi che rappresentano i primi centri di detenzione di massa dei futuri deportati e anche luoghi di interrogatorio e di torture. E da qui, dalle carceri parte il trasferimento verso i campi di concentramento e di sterminio. In alcuni casi i deportati lasciano il carcere per essere avviati direttamente in Germania dalle stazioni ferroviarie, il caso di binario 21 a Milano, è noto, ma anche Torino ha questa funzione, ma buona parte di loro conosce un ulteriore tappa della deportazione sul territorio della penisola nei cosiddetti campi di transito. E tra i maggiori di questo tipo in Italia, dobbiamo ricordare quello di Fossoli, quello di Bolzano e La risiera di San Sabba a Trieste.
DOMANDA BERTOLUCCI: E invece per quanto riguarda i lavoratori coatti?
RISPOSTA MIRA: I lavoratori coatti rappresentano il gruppo forse meno noto di questi gruppi di deportati. E anche loro rientrano in questa situazione complessa di controllo da parte della Germania nazista del territorio italiano e di sfruttamento del territorio italiano. Un elemento fondamentale di tale sfruttamento è infatti proprio il prelievo di manodopera dall’Italia e questo rientra nei piani generali del plenipotenziario generale per la manodopera questo in tedesco l’acronimo è GdA è un ruolo che è ricoperto da Fritz Sauckel che è il gaulautier della Turingia che dal 42, da quando si insedia, pianifica una serie di azioni di reclutamento di manodopera in tutta Europa che devono raccogliere complessivamente più di 8 milioni di lavoratori. E 4 milioni di questi 8 devono arrivare in Germania soltanto nel 1944. E dall’Italia Sauckel prevede di ottenere un milione di lavoratori su questi 4 milioni del 44. Il reclutamento si basa inizialmente sulla presentazione volontaria dei lavoratori e i tedeschi cercano di utilizzare dei canali che hanno già utilizzato in precedenza. Sono i canali istituzionali, coinvolgono gli uffici del Lavoro i sindacati fascisti e le prefetture e i comuni italiani. E su questi canali li avevano utilizzati già in precedenza tra il 38 e il 43 tra il 1938 e il 1943 in virtù di accordi stipulati tra Roma e Berlino. Durante questo periodo sono stati circa 500 mila gli italiani che sono andati volontariamente a lavorare in Germania. E in parte i tedeschi cercano di riattivare questi canali dopo l’8 settembre del 43 per chiedere nuovamente braccia e i lavoratori all’italia per sostituire i tedeschi che devono essere inviati al fronte. E le chiamate al lavoro nel Reich con la promessa di buone condizioni, di stipendi pari a quelli dei Lavoratori tedeschi, nella nuova situazione, dopo l’8 settembre del 43, non ottengono, però i risultati sperati. E neanche il ricorso alla precettazione dei disoccupati, di coloro che lavorano per aziende che hanno rallentato o hanno interrotto la produzione per la condizione di guerra o degli uomini più anziani che non vengono richiamati alle armi nell’esercito della RSI, servono, sono sufficienti a migliorare i numeri dei reclutati. Soltanto alcune migliaia di lavoratori si presentano e partono. Qualcuno anche stato già in Germania nel periodo precedente, quindi memore della esperienza relativamente positiva, ma allora appunto l’Italia era il principale alleato del Reich, quindi gli italiani erano trattati meglio di altre lavoratori di altre nazionalità. Dopo l’8 settembre, invece c’è anche una volontà punitiva nei confronti degli italiani in questo sistema che riguarda anche le deportazioni e lo sfruttamento della manodopera dell’Italia. E quindi le condizioni sono sono molto diverse. Quindi soltanto alcune migliaia di lavoratori si presentano volontariamente e i tedeschi davanti ai risultati insoddisfacenti, aumentano le misure di costrizione. Contattano direttamente anche aziende e uffici italiani, stipulano degli accordi diretti fissando contingenti di lavoratori da inviare nel Reich, e a queste misure accompagnano anche retate rastrellamenti e trasferimenti. E tra questi provvedimenti diciamo forzati o violenti per reperire la manodopera, due assumono un certo rilievo nell’estate e nell’autunno del 44. Una è l’operazione carceri, che prevede il trasferimento nel Reich come manodopera dei detenuti nelle carceri italiane. Quindi ritornano un’altra volta, insomma le nostre carceri come luogo di concentramento transito per i campi, i lager del Reich. Effettivamente questa azione porta a trasferire in Germania alcune migliaia di carcerati, dopo una scrematura in base alla pericolosità. Perché ovviamente chi era detenuto per motivi politici finiva nei campi di concentramento della SS. Chi era detenuto per reati comuni gravi, probabilmente veniva lasciato in Italia, cercavano di lasciarlo in Italia, per non inserirlo, insomma in settori anche delicati della produzione bellica. E quelli che vengono selezionati, sono i borsaneristi, sono piccoli delinquenti comuni ma comunque si tratta di alcune migliaia di persone che entrano in questo circuito, in questa forma di deportazione. E l’altro provvedimento rilevante nell’estate del 44 e coercitivo, è rappresentato dai rastrellamenti indiscriminati. Che sono rivolti alla cattura degli uomini, prevalentemente uomini anche alcune donne vengono inserite in questo circuito dei lavoratori coatti ma sono soprattutto uomini, tra i 15 e i 60 anni di età. Quindi molto giovani o molto e anche molto anziani. Tutti quelli che non sono richiamati nell’esercito e che però potenzialmente o che possono essere anche renitenti o persone che si sono date alla macchia, quindi che potenzialmente possono essere anche partigiani attivi, quindi c’è anche una forma di controllo del territorio di operazione di polizia, operazione di limitazione del fenomeno partigiano, dei fenomeni possibili di opposizione, in questa cattura tutti coloro che rientrano in queste fasce di età che sono potenzialmente anche combattenti della Resistenza, e che sono nello stesso tempo abili al lavoro, sicuramente vengono rastrellati e avviati verso nord per poter poi essere inseriti nei circuiti del lavoro per la Germania nazista. Questi rastrellamenti vedono coinvolti da fine luglio del 44 direttamente le truppe operanti dell’esercito tedesco che si stanno ritirando dall’Italia centrale e i rastrellamenti indiscriminati diventano il mezzo prevalente di reclutamento della manodopera e lo restano fino a novembre del 44. Nel novembre del 44 vengono siglati degli accordi fra italiani e tedeschi che stabiliscono che il reclutamento di forza lavoro debba venire solo su base volontaria. Perché uno degli effetti delle misure coercitive, sia delle cartoline precetto inviate precedentemente sia di queste forme di rastrellamento forzato, è l’aumento in realtà delle persone che si sottraggono alla richiesta volontaria, alla presentazione volontaria, e anche l’aumento delle persone che si sottraggono questo ipotetico trasferimento in Germania attraverso l’ingresso nella Resistenza. Quindi davanti a un fenomeno che da una parte non dà risultati e dall’altra rischia di far aumentare l’opposizione e le formazioni armate che combattono attivamente contro nazisti e fascisti, allora si decide di ritornare a una presentazione volontaria dei lavoratori. Le azioni di rastrellamento sono condotte molto spesso in occasione di operazioni anti partigiane. Nel contesto delle misure di evacuazione della popolazione civile dal fronte e dal retro fronte, intanto che i tedeschi stanno apprestando le strutture difensive per arginare l’avanzata anglo-americana, e si collegano anche alle grandi stragi di civili. Per esempio nel caso di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto al 44 e nel caso di Monte Sole, fine settembre inizio ottobre 44, vicino Bologna la seconda e in Toscana la prima, abbiamo anche un prelievo di uomini abili al lavoro con i rastrellamenti degli uomini di Val di Castello nel primo caso Sant’Anna di Stazzema e con il rastrellamento della nella zona di Salvaro nell’area di Monte Sole alle spalle di Bologna. Quindi abbiamo anche all’interno di queste grandi stragi indiscriminate di civili in cui muoiono soprattutto civili inermi, donne e bambini o uomini anziani donne e bambini, soprattutto, abbiamo però anche il rastrellamento degli uomini più giovani per scopo di utilizzarli come manodopera. Le fonti su questo tema, sono lacunose, disperse, è molto difficile accertare i numeri effettivi di quanti sono stati effettivamente coinvolti da queste misure di rastrellamento e anche di coloro che poi effettivamente vengono trasportati nel Reich con una manodopera. Gli studiosi hanno stimato circa 100.000 civili trasferiti dall’Italia alla Germania, appositamente per essere inseriti nell’economia bellica tedesca dopo settembre del 43. E in gran parte, questi vengono raccolti con misure coercitive e con il rastrellamento. Dico un’ultima cosa sull’organizzazione del trasferimento di questi lavoratori dalle zone di cattura verso il Reich. Gli organi preposti al reclutamento della manodopera allestiscono una serie di luoghi di raccolta e transito appositi. E talvolta nuovamente le prigioni italiane, per esempio Regina Coeli a Roma ha questa funzione, in parte, assolvono a questo compito. In misura minima però rispetto a quello che abbiamo detto che abbiamo visto per la deportazione per motivi politici o razziali. I campi di transito per i lavoratori sono strutture apposta fatte apposta per loro o adattate per questo trasporto, questo concentramento e questo transito. In Italia centrale uno dei più importanti è il centro di raccolta di Firenze che è allestito nelle edificio delle scuole Leopoldine vicino alla stazione di Santa Maria Novella, in modo che così si possa partire direttamente. Altri centri in Toscana, sono a Massa a Carrara nel castello di Prato nella Pia casa di beneficenza di Lucca. Questi sono i principali in Emilia Romagna, invece ne abbiamo a Colle Ameno vicino a Bologna e qui arriveranno quelli che vengono presi nella strage di Monte Sole, per esempio, Vigarano Mainarda nella zona di Ferrara, Bibbiano a Reggio Emilia e qui abbiamo un campo sportivo. Quindi strutture di vario tipo che vengono adattate a questo ruolo, e tra quelli di maggior rilievo le caserme rosse di Bologna, la caserma di via Romanello a Forlì e il principale in regione che è nuovamente il campo di Fossoli. Campo di Fossoli dopo il trasferimento della SS a Bolzano diventa un luogo di smistamento per la manodopera. Viene preso in consegna dalle strutture del GdA e viene utilizzato per smistare questi lavoratori rastrellati. Più a nord abbiamo un altro centro grande a Sesto San Giovanni vicino a Milano e anche nel mantovano. E Verona e le zone limitrofe fanno da snodo per i trasferimenti verso la Germania. E diversi di questi centri avevano avuto il ruolo prima di centro di luogo di raccolta per chi si presentava volontariamente e poi invece si trasformano in luoghi per i rastrellati e il loro bacino di raccolta è rappresentato dai territori prossimi alle città principali, le aree delle province di competenza, ma anche le regioni limitrofe. Per esempio in Toscana arrivano dalle Marche, dall’Umbria nel centro di Firenze. E in alcuni casi i trasferimenti in Germania sono organizzati in partenza direttamente dalle città che ospitano i centri di raccolta Firenze a questo ruolo inizialmente. Poi quando l’andamento della guerra non lo consente più e c’è la necessità per i tedeschi di trasferirsi verso nord, anche i lavoratori vengono spostati dai luoghi di raccolta del Centro Italia, oltre la linea gotica. E quindi anche per questo c’è una difficoltà di capire i numeri perché abbiamo la stessa popolazione che si sposta da un centro all’altro. Nei centri di raccolta i rastrellati vengono suddivisi in abili al lavoro e vengono avviati questi in Italia settentrionale, per esempio per esportare le mandrie che i tedeschi razziano e portano verso nord, oppure per vengono utilizzati nei lavori di sferro nei lavori di costruzione delle postazioni difensive, inseriti nei circuiti dell’Organizzazione Todd che sfrutta i lavoratori italiani in Italia al servizio delle truppe tedesche. Oppure vengono avviati appunto nei campi per lavoratori dell’Austria e della Germania, territori del Reich. Quelli che vengono invece giudicati inabili in genere vengono rilasciati, ma in alcuni casi in Toscana, per esempio abbiamo alcuni casi di questo tipo vengono anche trattenuti come ostaggi e in alcune situazioni vengono anche fucilati. Nei centri di raccolta i rastrellati restano molto poco, quindi sono veramente luoghi di transito, molto molto rapido, vengono trasferiti rapidamente verso la zona di Verona con autobus, autocarri, quando i treni non funzionano più. E dalla zona di Verona partono appunto per l’Austria per la Germania dove abbiamo altri luoghi di smistamento che segnano il loro trasferimento poi nella zona di lavoro. Le condizioni nei campi per lavoratori e per alcuni anche in alloggi privati, i più fortunati hanno la possibilità di andare in alloggio privato presso le ditte che li assumono, non sono quelle estreme della reclusione nei campi di concentramento della Ss. Ma anche questi lavoratori civili, sono sottoposti a duri ed estenuanti orali di lavoro, sono sotto alimentati e vivono in precarie situazioni dal punto di vista sanitario e igienico. Il tasso di mortalità nel loro caso è basso, la maggior parte di loro torna, però è un altro tassello, diciamo di questo fenomeno di violenza che è tipico della Germania nazista, che è tipico della Seconda Guerra Mondiale, che ci dà un ulteriore elemento insomma di valutazione e di giudizio su quello che è stata la storia di queste persone.