IL RUOLO DELLE
CARCERI NELLA
DEPORTAZIONE
IL RUOLO DELLE
CARCERI NELLA
DEPORTAZIONE
IL RUOLO DELLE
CARCERI NELLA
DEPORTAZIONE
Carcere delle Murate di Firenze
Il carcere delle Murate di Firenze, storicamente noto per la sua funzione detentiva sin dal XIX secolo, rivestì un ruolo centrale durante l’occupazione nazista e la Resistenza italiana. La struttura, situata nel cuore di Firenze, divenne un luogo di detenzione per antifascisti, partigiani e scioperanti, molti dei quali furono deportati nei campi di concentramento nazisti. La sua storia durante il periodo bellico rappresenta una tragica testimonianza della repressione nazifascista e della determinazione del movimento di resistenza.
Nei primi decenni del Novecento, il carcere delle Murate fu utilizzato come luogo di reclusione per anarchici, socialisti e antifascisti. Tra i detenuti più noti si annoverano figure come Gaetano Salvemini, Alcide De Gasperi, Nello Rosselli, Carlo Ludovico Ragghianti, Carlo Levi e Guido Calogero. Durante il regime fascista, divenne un simbolo della repressione politica, ospitando numerosi oppositori condannati a pene minori, mentre i dirigenti politici venivano trasferiti in penitenziari più lontani.
Con l’occupazione tedesca di Firenze, iniziata nel settembre del 1943, le Murate continuarono a fungere da principale carcere cittadino, accogliendo detenuti politici e antifascisti. In questo periodo, sotto la direzione di Giovan Battista Mazzarisi, il carcere riuscì a distinguersi in un contesto di violenze e soprusi. Mazzarisi si oppose attivamente ai trasferimenti dei detenuti verso Villa Triste, sede della famigerata Banda Carità, nota per le torture inflitte ai prigionieri. I suoi contatti con la Resistenza e il suo impegno a proteggere i detenuti lo resero un bersaglio per le autorità naziste, costringendolo ad abbandonare la direzione del carcere. Dopo la liberazione di Firenze, Mazzarisi fu reintegrato per volontà del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) e confermato dagli Alleati.
Il carcere delle Murate fu uno dei punti di transito per numerosi deportati politici e antifascisti. Due dei convogli più tristemente noti sono quello dell’8 marzo 1944, diretto al campo di concentramento di Mauthausen, e quello del 21 giugno 1944, partito da Fossoli.
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Il trasporto dell’8 marzo 1944: Questo convoglio, classificato come “trasporto n. 32” secondo gli studi di Italo Tibaldi, portò 597 deportati a Mauthausen, di cui 338 provenienti dalla Toscana e 328 arrestati nella provincia di Firenze. Molti di loro erano stati fermati in seguito agli scioperi del marzo 1944, che avevano coinvolto migliaia di operai nei grandi insediamenti industriali di Firenze, Prato ed Empoli. Gli arresti, effettuati con la collaborazione delle autorità italiane e tedesche, colpirono anche individui fermati durante retate nei quartieri popolari di Firenze, come San Frediano.
All’arrivo a Mauthausen, i deportati furono sottoposti a una rigida quarantena e successivamente trasferiti in vari sottocampi, tra cui Ebensee, Gusen II e Hartheim, tristemente noto per le camere a gas. Del trasporto, il 19% dei deportati sopravvisse, mentre l’81% morì a causa delle terribili condizioni di lavoro, malattie e esecuzioni.
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Il trasporto del 21 giugno 1944: Questo convoglio, partito da Fossoli, trasportò 53 persone, molte delle quali precedentemente detenute alle Murate. Tra i deportati si trovavano antifascisti noti, come Enzo Gandi, Giulio Bandini, Marino Mari e Dino Francini, arrestati per attività legate alla Resistenza. Altri, come Marcello Martini e Guido Focacci, erano stati catturati in operazioni contro la rete clandestina di Radio Cora, attiva nei collegamenti con gli Alleati. Questo trasporto rappresenta uno dei numerosi esempi della ferocia della repressione nazifascista contro il movimento resistenziale toscano.
Le condizioni nel carcere delle Murate durante l’occupazione erano dure, ma il carcere si distinse per non essere un luogo di torture sistematiche, grazie all’operato di Mazzarisi e del personale carcerario. Le testimonianze di deportati sopravvissuti evidenziano il clima di paura e incertezza che permeava la vita dei detenuti. Molti furono vittime di trasferimenti improvvisi e spesso fatali verso campi di concentramento o di transito come Fossoli.
Parallelamente, il carcere divenne un centro di resistenza morale e politica. Tra i detenuti vi furono esponenti di spicco della Resistenza toscana e nazionale, che cercarono di mantenere viva la lotta anche dietro le sbarre. La rete clandestina della Resistenza fiorentina, sostenuta da figure come Mazzarisi, fu fondamentale per il mantenimento del morale dei prigionieri e per tentativi di sabotaggio delle operazioni naziste.
Carcere delle Murate di Firenze
Il carcere delle Murate di Firenze, storicamente noto per la sua funzione detentiva sin dal XIX secolo, rivestì un ruolo centrale durante l’occupazione nazista e la Resistenza italiana. La struttura, situata nel cuore di Firenze, divenne un luogo di detenzione per antifascisti, partigiani e scioperanti, molti dei quali furono deportati nei campi di concentramento nazisti. La sua storia durante il periodo bellico rappresenta una tragica testimonianza della repressione nazifascista e della determinazione del movimento di resistenza.
Nei primi decenni del Novecento, il carcere delle Murate fu utilizzato come luogo di reclusione per anarchici, socialisti e antifascisti. Tra i detenuti più noti si annoverano figure come Gaetano Salvemini, Alcide De Gasperi, Nello Rosselli, Carlo Ludovico Ragghianti, Carlo Levi e Guido Calogero. Durante il regime fascista, divenne un simbolo della repressione politica, ospitando numerosi oppositori condannati a pene minori, mentre i dirigenti politici venivano trasferiti in penitenziari più lontani.
Con l’occupazione tedesca di Firenze, iniziata nel settembre del 1943, le Murate continuarono a fungere da principale carcere cittadino, accogliendo detenuti politici e antifascisti. In questo periodo, sotto la direzione di Giovan Battista Mazzarisi, il carcere riuscì a distinguersi in un contesto di violenze e soprusi. Mazzarisi si oppose attivamente ai trasferimenti dei detenuti verso Villa Triste, sede della famigerata Banda Carità, nota per le torture inflitte ai prigionieri. I suoi contatti con la Resistenza e il suo impegno a proteggere i detenuti lo resero un bersaglio per le autorità naziste, costringendolo ad abbandonare la direzione del carcere. Dopo la liberazione di Firenze, Mazzarisi fu reintegrato per volontà del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) e confermato dagli Alleati.
Il carcere delle Murate fu uno dei punti di transito per numerosi deportati politici e antifascisti. Due dei convogli più tristemente noti sono quello dell’8 marzo 1944, diretto al campo di concentramento di Mauthausen, e quello del 21 giugno 1944, partito da Fossoli.
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Il trasporto dell’8 marzo 1944: Questo convoglio, classificato come “trasporto n. 32” secondo gli studi di Italo Tibaldi, portò 597 deportati a Mauthausen, di cui 338 provenienti dalla Toscana e 328 arrestati nella provincia di Firenze. Molti di loro erano stati fermati in seguito agli scioperi del marzo 1944, che avevano coinvolto migliaia di operai nei grandi insediamenti industriali di Firenze, Prato ed Empoli. Gli arresti, effettuati con la collaborazione delle autorità italiane e tedesche, colpirono anche individui fermati durante retate nei quartieri popolari di Firenze, come San Frediano.
All’arrivo a Mauthausen, i deportati furono sottoposti a una rigida quarantena e successivamente trasferiti in vari sottocampi, tra cui Ebensee, Gusen II e Hartheim, tristemente noto per le camere a gas. Del trasporto, il 19% dei deportati sopravvisse, mentre l’81% morì a causa delle terribili condizioni di lavoro, malattie e esecuzioni.
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Il trasporto del 21 giugno 1944: Questo convoglio, partito da Fossoli, trasportò 53 persone, molte delle quali precedentemente detenute alle Murate. Tra i deportati si trovavano antifascisti noti, come Enzo Gandi, Giulio Bandini, Marino Mari e Dino Francini, arrestati per attività legate alla Resistenza. Altri, come Marcello Martini e Guido Focacci, erano stati catturati in operazioni contro la rete clandestina di Radio Cora, attiva nei collegamenti con gli Alleati. Questo trasporto rappresenta uno dei numerosi esempi della ferocia della repressione nazifascista contro il movimento resistenziale toscano.