IL RUOLO DELLE
CARCERI NELLA
DEPORTAZIONE

IL RUOLO DELLE
CARCERI NELLA
DEPORTAZIONE

IL RUOLO DELLE
CARCERI NELLA
DEPORTAZIONE

Carcere di Regina Coeli

Durante l’occupazione nazista di Roma (11 settembre 1943 – 4 giugno 1944), il carcere di Regina Coeli divenne un centro chiave per la repressione, gestito in parte dal comando tedesco che occupò il terzo e sesto braccio. In stretta connessione con via Tasso, sede del comando delle SS e del Sicherheitsdienst (SD), Regina Coeli ospitava prigionieri arrestati dai nazisti e dai fascisti della Repubblica di Salò. Questi erano spesso membri della Resistenza, partigiani, oppositori politici appartenenti al Partito d’Azione, al Partito Comunista o alla Democrazia Cristiana, ma anche ebrei, disertori, studenti, preti e persino madri e padri di famiglia.

Regina Coeli non fu solo un luogo di detenzione e tortura, ma anche un punto di partenza per la deportazione di prigionieri politici, ebrei antifascisti e “indesiderabili”. Molti detenuti furono trasferiti verso il campo di transito di Fossoli, anticamera della deportazione nei lager nazisti come Auschwitz, Mauthausen e Dachau, oppure inviati direttamente ai campi di concentramento per essere eliminati o sfruttati nei lavori forzati.

Il carcere operava come una tappa intermedia o finale per molti prigionieri: coloro che erano stati sottoposti a torture a via Tasso venivano trasferiti a Regina Coeli quando non erano più ritenuti utili per ottenere informazioni, oppure i detenuti di Regina Coeli venivano tradotti a via Tasso per essere interrogati e spesso seviziati. In altri casi, da Regina Coeli si passava al Tribunale di guerra per una condanna al carcere in Germania, alla deportazione nei campi o all’esecuzione, spesso a Forte Bravetta. Molti prigionieri finirono vittime delle Fosse Ardeatine.

Le condizioni di vita erano estremamente dure. Il sesto braccio, riservato ai prigionieri politici, era caratterizzato da sovraffollamento, scarsità di cibo e assenza di diritti fondamentali. Le celle di Regina Coeli, che poco prima della caduta di Mussolini avevano ospitato gerarchi fascisti, divennero luogo di detenzione per chi lottava contro il nazi-fascismo. In totale passarono per il carcere migliaia di persone, simbolo della pluralità delle vittime della repressione nazista, dalle classi popolari alle élite aristocratiche.

Il 4 giugno 1944, con l’arrivo degli Alleati, i nazisti si ritirarono e il Comitato di Liberazione Nazionale decretò l’immediata liberazione dei prigionieri politici. La popolazione romana accorse a liberare i detenuti rimasti, molti dei quali, prima di tornare alla libertà, raccolsero documenti dell’ufficio matricola del reparto tedesco, testimonianze preziose delle atrocità commesse. Regina Coeli, insieme a via Tasso, rimane oggi un simbolo delle sofferenze, della deportazione e della resistenza durante l’occupazione di Roma.

Carcere di Regina Coeli

Durante l’occupazione nazista di Roma (11 settembre 1943 – 4 giugno 1944), il carcere di Regina Coeli divenne un centro chiave per la repressione, gestito in parte dal comando tedesco che occupò il terzo e sesto braccio. In stretta connessione con via Tasso, sede del comando delle SS e del Sicherheitsdienst (SD), Regina Coeli ospitava prigionieri arrestati dai nazisti e dai fascisti della Repubblica di Salò. Questi erano spesso membri della Resistenza, partigiani, oppositori politici appartenenti al Partito d’Azione, al Partito Comunista o alla Democrazia Cristiana, ma anche ebrei, disertori, studenti, preti e persino madri e padri di famiglia.

Regina Coeli non fu solo un luogo di detenzione e tortura, ma anche un punto di partenza per la deportazione di prigionieri politici, ebrei antifascisti e “indesiderabili”. Molti detenuti furono trasferiti verso il campo di transito di Fossoli, anticamera della deportazione nei lager nazisti come Auschwitz, Mauthausen e Dachau, oppure inviati direttamente ai campi di concentramento per essere eliminati o sfruttati nei lavori forzati.

Il carcere operava come una tappa intermedia o finale per molti prigionieri: coloro che erano stati sottoposti a torture a via Tasso venivano trasferiti a Regina Coeli quando non erano più ritenuti utili per ottenere informazioni, oppure i detenuti di Regina Coeli venivano tradotti a via Tasso per essere interrogati e spesso seviziati. In altri casi, da Regina Coeli si passava al Tribunale di guerra per una condanna al carcere in Germania, alla deportazione nei campi o all’esecuzione, spesso a Forte Bravetta. Molti prigionieri finirono vittime delle Fosse Ardeatine.

Le condizioni di vita erano estremamente dure. Il sesto braccio, riservato ai prigionieri politici, era caratterizzato da sovraffollamento, scarsità di cibo e assenza di diritti fondamentali. Le celle di Regina Coeli, che poco prima della caduta di Mussolini avevano ospitato gerarchi fascisti, divennero luogo di detenzione per chi lottava contro il nazi-fascismo. In totale passarono per il carcere migliaia di persone, simbolo della pluralità delle vittime della repressione nazista, dalle classi popolari alle élite aristocratiche.

Il 4 giugno 1944, con l’arrivo degli Alleati, i nazisti si ritirarono e il Comitato di Liberazione Nazionale decretò l’immediata liberazione dei prigionieri politici. La popolazione romana accorse a liberare i detenuti rimasti, molti dei quali, prima di tornare alla libertà, raccolsero documenti dell’ufficio matricola del reparto tedesco, testimonianze preziose delle atrocità commesse. Regina Coeli, insieme a via Tasso, rimane oggi un simbolo delle sofferenze, della deportazione e della resistenza durante l’occupazione di Roma.