CHI
VENNE
DEPORTATO
DALL'ITALIA
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Prelievo dei detenuti nella RSI per il lavoro forzato nel Reich

Durante la Repubblica Sociale Italiana (RSI), anche i detenuti, sia per reati comuni che politici, furono sistematicamente deportati per essere impiegati come lavoratori forzati in Germania. Gli accordi tra il Ministero della Giustizia di Salò e le autorità tedesche permisero il trasferimento di migliaia di detenuti dai penitenziari e dalle carceri giudiziarie italiane.

Un primo accordo del giugno 1944 portò al prelievo di 466 detenuti dal penitenziario di Castelfranco Emilia, di cui 70 furono inviati al carcere di Landsberg am Lech, mentre 396 vennero destinati a lavori industriali per la Schäffer & Budenberg di Magdeburgo. Di questi, 200 lavorarono nello scavo di gallerie destinate alla produzione di missili V-2. Solo la metà dei deportati sopravvisse.

Un secondo accordo, firmato il 17 giugno 1944, coinvolse oltre 5.000 detenuti, soprattutto per brevi pene o in attesa di giudizio, impiegati in fabbriche chimiche e di armamenti in Germania. Queste operazioni, chiamate Gefangenenaktion (azioni-carceri), terminarono a ottobre 1944.

Inoltre, detenuti condannati dai tribunali militari e speciali tedeschi nelle zone di operazione del Litorale Adriatico e delle Prealpi furono inviati in carceri tedesche o campi-prigione, spesso utilizzati per lavori legati all’industria bellica, come nelle officine aeronautiche Junkers di Dessau.

Il prelievo dei detenuti evidenzia la sistematica subordinazione delle istituzioni italiane agli interessi bellici nazisti e il sacrificio umano imposto ai prigionieri, molti dei quali non sopravvissero.